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27 ottobre 2012

I "petrali" della zia Marietta

La mia nonna calabrese, quella brava a cucinare, aveva una sorella Marietta, che per noi bambini, quando si andava a Reggio, era una vera strega. Ne avevamo una paura folle e lei non faceva niente per farci cambiare idea.  Ma lei sapeva fare bene i "petrali", i dolci tradizionali del Natale reggino.  E soprattutto poteva procurare i cedri, fondamentali per questa ricetta.  Perchè, è vero, in Calabria si producevano e spero si producano ancora i veri cedri, come il vero bergamotto, e si raccoglieva di notte il gelsomino e anche la zagara per le essenze.  Terra di profumi e Calabresella se ne chiamava uno della ormai sparita ditta comm. Annunziato Tedesco & figli di S.Giorgio a Morgeto, che produceva anche un ottimo Caffè Bianco, liquore delizioso. E Terra di liquirizia vera come quella della famiglia Amarelli di Rossano, ancora in commercio.  










La zia Marietta spiega alla nipote, mia madre, come fare i petrali in una lettera del 1942, durante la guerra, e in cui si lamenta di tutto, aveva probabilmente le sue buone ragioni, ma lo faceva sempre per ogni cosa e nessuno le dava più retta.

Mi fa piacere trascrivere questa lettera per la parte della ricetta, molto laboriosa ma anche interessante per capire come le cucine di una volta potevano essere dei veri laboratori artigianali.

"...per i petrali incomincia a tagliare le scorze di (cedro,)* arancio e manderino (poco perché é troppo forte) a pezzettini piccolissimi, la mamma sà, puliti dalla pellicchia* e li curerai con acqua salata cambiandola 2 o 3 volte al giorno, verso il terzo o quarto giorno della novena* questa roba la metti a bollire con acqua per 5 minuti, poi getti quell'acqua e ripeterai l'operazione tre volte per levare l'amaro, alla quarta volta aggiungerai lo zucchero per una volta e mezza e li lascerai bollire, stai attenta, fintanto che il cedro che è durissimo si fa cotto e tenero, se manca acqua la aggiungerai a poco a poco come anche dello zucchero fintanto che saranno ben cotti e giuleppati*, che se li sai fare bene sono buone a mangiarli, prova sempre fintanto che li farai buoni e li metterai da parte.   i fichi se sono un po' duri non fa niente, basta che sieno bianchi c'è il rimedio, fichi non ne fare assai, li tagli sopra una tavola più fini che si può, poi metterai a Pippa e li farai laccìare col marazzo *, come la carne, non li fare con la macchinetta come hai fatto, che si fanno a melma e perdono il gusto.   allora in una casseruola non di rame per poterli lasciare, metterai i fichi, le scorze con il giulebbe*, cacao, mandorle attorrate* e pesta cannella, se hai delle amarene ed altri frutti canditi con una buona quantità di vino cotto*, il più dolce e bianco, stai attenta qua, il vino cotto è il maestro, è lui che fa tutto, metterai il tutto a pochissimo fuoco, rimestando sempre fintanto che tutto si assorbe, si rammollisca senza farlo bollire, attenta che si attacca, questo alla mamma, io e tu mettiamo troppo fuoco (non puoi farlo) per una mezzora, aggiungendo vino cotto se è bisogno, e così i fichi si rammolliscono e tutto questo lo lascerai in riposo per 24 ore.  il dopo pranzo che farai i petrali preparerai la pasta con farina kg. 1, zucchero once 12 pari a gr.300, sugna* once 12 ossia gr.300, uova da 10 a 12, i soli tuorli senza bianco a secondo la riserva* che hai, non mettere bianco che la pasta runchia* .  farai le forme che vuoi e li riempirai di quella conserva hai saputo fare, prima di riempirli stai attenta se la conserva ha assorbito e non è bella morbida, aggiungi un altro poco di vino cotto rimestando.    riempi e lascia la notte a riposare.    la mattina stai attenta al forno (li metterai in latte*)  che deve essere piuttosto forte e li cuocerai a forno aperto altrimenti o si bruciano o puzzano di sugna, qua è la maestria  e dopo buon appetito e buon pro vi facciano a tutti.  li potrai conservare fino al Battesimo* come si faceva in casa nostra.  mi auguro che mi sono spiegata bene, mi hai capita e farai dei bellissimi petrali compreso quello della massara che la mamma farà al papà come lo faceva la povera nonna al nonno e mi raccomando che sia con le cordelle e le mandorle, per il tempo non dubitare che non è tardi,.....  .... e non dubitare  te li troverà due cedri che sono sufficienti......."
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La zia Marietta scrisse questa lettera quando aveva circa sessantasette anni alle dieci di sera in tempo di guerra e arriva alla ricetta dopo una lunga lamentazione sui guai, la fame e le difficoltà infinite per sbarcare il lunario e  mantenersi in salute.   Ho riportato fedelmente la sua stesura aggiungendo soltanto un po' di punteggiatura utile alla comprensione.  
Qualche nota:
- all'inizio non parla di cedri, ma sono fondamentali, come si vede in fondo.
pellicchia: le pellicine.
- giuleppati e giulebbe:  sciroppati o canditi e sciroppo.
- laccìare col marazzo:  il marazzo era un coltello da macellaio piuttosto largo e pesante con cui si preparava il macinato, si laccìava a forza di coltello, operazione noiosa e lunga che consigliava di far fare alla cameriera, Pippa appunto.
- melma: sottolineato per criticare l'uso della macchinetta, il tritacarne.
- attorrate:  tostate.
- vino cotto: era una preparazione lunga e laboriosa con cui, partendo dal mosto fatto ridurre a caldo senza bollire ad un terzo del suo volume, aromatizzato con cannella, garofano, bucce d'arancia seccate e altre spezie, si otteneva un denso sciroppo fortemente aromatico e dolcissimo, che si conservava al buio e si faceva stagionare anche anni.  Somiglia alla sapa ed è presente con qualche variante in tutto il meridione.
- sugna: strutto spesso fatto in casa, in Sicilia e Calabria tutti i dolci erano fatti con lo strutto fino agli anni 60.
riserva: si riferisce alle difficoltà del tempo di guerra.
- runchia: si ritira, non si riesce a stendere.
- latte: teglie di ferro per il forno, che è da intendersi a legna.
- Novena e Battesimo: si riferiscono ai nove giorni prima del Natale e al Capodanno.  Si capisce che tutta la preparazione ha una forte valenza rituale, e che i tempi sono dettati più che dalle necessità, dalle consuetudini e  soprattutto si deduce quanto fosse importante questa preparazione per la celebrazione del Natale.

I petrali sono dei dolcetti di pasta tipo frolla a forma di mezzaluna ripieni con una conserva speziata di canditi, mandorle tostate, cacao e fichi secchi, cotta con vino cotto e zucchero. Spesso lucidati con rosso d'uovo battuto e decorati con granellini colorati.
Vi riporto sotto gli ingredienti e le dosi  da considerare solo approssimative e da correggere secondo gusti ed esperienza.
Per il ripieno:
canditi di cedro e arancia: 400 gr.
fichi secchi non infornati:  750 gr.
vino cotto o buon vino dolce liquoroso mezzo litro
zucchero aggiungerne assaggiando secondo i gusti
mandorle tostate 150 gr.
noci sgusciate 100 gr.
cacao amaro 50 gr.

Per la pasta:
farina 00 1 kg.
zucchero 300 gr.
strutto 300 gr.
uova 12 soltanto i tuorli.
un pizzico di sale.

Il procedimento per la preparazione del ripieno è quello descritto, in mancanza dei frutti, si potranno usare direttamente cedro e arancia già canditi.   Regolarsi assaggiando e correggere di conseguenza.  Mi sembrano importanti i tempi e le attese, infatti il gusto del ripieno matura e così la pasta (certo con le quantità di zucchero impiegate allora era possibile anche in mancanza di frigoriferi).

La pasta è molto ricca in uova e strutto, anche questa si potrà adattare ai nostri gusti ed ai valori del nostro colesterolo.

Con queste dosi vengono circa 40-45 petrali.  Il tondo di base è fra gli 8 e i10 centimetri.  E lo spessore della pasta deve essere abbastanza consistente soprattutto se si usa lo strutto e non si mettono gli albumi.  Il ripieno abbastanza sodo ma non asciutto deve essere abbondante da riempire bene.  Si chiudono senza formare un cordone di sola pasta eventualmente aiutandosi spennellando i bordi con chiara d'uovo.  
Si cuociono in forno a 180° per 20 minuti o poco meno.



Anche con questa ricetta d'epoca partecipo con grande piacere a "L'abbecedario culinario d'Italia", per la V di Vibo Valentia e la Calabria.







3 commenti:

  1. Un altro contributo prezioso, con la tua introduzione, la lettera della nonna e le tue note sotto per spiegare quelle espressioni così intime e familiari a voi e per noi così misteriose. Traboccano di affetto le sue parole, anche se non manifesto, affetto che si coglie di traverso, nelle raccomandazioni, nella ricchezza di dettagli e nel finale. Sì, viene davvero voglia di prepararli, qui da noi qualche cedro si trova, non sarà come quelli calabresi. Vanno usati cedri canditi, ma la cosa bella è prepararseli da sè.
    Grazie ancora e buona domenica
    Sabrina&Luca

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  2. WOW... qui non si scherza mica... non solo Cucina ma Storia!!!
    m'immagino questa zia "strega" che teneva alla larga i nipoti scatenati... :DDD
    siccome coi bimbi sono un pò così anch'io... potrei quasi dire che la sua era una forma di "difesa"... vi adorava sicuramente, ma il rumore tipico dei bimbi a volte spaventa e l'unico modo per difendersi... è mostrarsi "strega" :*DDDD

    Comunque, una ricetta da segnarsi anche solo per questo post Meraviglioso!!!! Un abbraccio!!!!!

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    1. Ti ringrazio per la difesa quasi d'ufficio dela zia Marietta, ma stento a vederla in una luce differente. Poi in tempi di Halloween... Grazie per le belle parole. P.

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